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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), VII, 27
 
originale
 
27. Sic effectum est ut in alterum diem clades differetur mea. At ego gratias agebam bono puero quod saltem mortuus unam carnificinae meae dieculam donasset. nec tamen tantillum saltem gratulationi meae quietive spatium datum; nam mater pueri, mortem deplorans acerbam filii, fleta et lacrimosa fuscaque veste contecta, ambabus manibus trahens cinerosam canitiem, heiulans et exinde proclamans stabulum inrumpit meum tunsisque ac diverberatis vehementer uberibus incipit: "Et nunc iste securus incumbens praesepio voracitati suae deseruit et insatiabilem profundumque ventrem semper esitando distendit nec aerumnae meae miseretur vel detestabilem casum defuncti magistri recordatur, sed scilicet senectam infirmitatemque meam contemnit ac despicit et impune se laturum tantum scelus credit. At utcumque se praesumit innocentem; est enim congruens pessimis conatibus contra noxiam conscientiam sperare securitatem. Nam pro deum fidem, quadrupes nequissime, licet precariam vocis usuram sumeret, cui tandem vel ineptissimo persuadere possis atrocitatem istam culpa (tua) carere, cum propugnare pedibus et arcere morsibus misello puero potueris? An ipsum quidem saepius incursare calcibus potuisti, morituram vero defendere alacritate simili nequisti? Certe dorso receptum auferres protinus et infesti latronis cruentis manibus eriperes, postremum deserto derelictoque illo conservo magistro comite pastore non solus aufugeres. An ignoras eos etiam qui morituris auxilium salutare denegarint, quod contra bonos mores id ipsum fecerint, solere puniri? Sed non diutius meis cladibus laetaberis, homicidia. Senties efficiam, misero dolori naturales vires adesse";
 
traduzione
 
E cos? quella tortura mi fu differita all'indomani ed io fui riconoscente a quel buon ragazzo che, almeno da morto, m'aveva regalato un giornerello di proroga al mio supplizio. Per? nemmeno questo tantinello di tempo io potetti godermi in pace in quanto la madre del ragazzo, disperata per l'immatura morte del figlio, tutta in lacrime e in gramaglie, strappandosi con ambedue le mani i bianchi capelli cosparsi di cenere, straziandosi il petto a furia di pugni, urlando e strepitando, irruppe nella stalla: ?Ma guardalo qui, come se niente fosse, col muso nella mangiatoia che pensa a saziare la sua ingordigia e a gonfiarsi quel suo ventre senza fondo; e non ha un minimo di compassione per il mio dolore e non gli passa nemmeno per la testa l'orribile fine che ? toccata al suo padrone. Si capisce, lui se ne infischia della mia vecchiaia, non tien conto della mia debolezza ed ? convinto di passarla liscia dopo un delitto cos? mostruoso, anzi presume di essere innocente. Eh, s?, sono proprio quelli che hanno commesso le colpe pi? gravi che sperano impunit? nonostante che hanno la coscienza sporca. Ma tu, in nome di dio, maledetta bestiaccia, se anche per un momento tu potessi far uso della parola, com'? che potresti persuadere qualcuno, fosse anche l'uomo pi? balordo, che questa terribile disgrazia ? accaduta senza che tu ne avessi colpa, quando proprio tu, a calci e a morsi, avresti potuto di fendere quel povero ragazzo? Eppure a prenderlo a calci, e spesso, eri capace, ma a difenderlo dalla morte con lo stesso zelo, no! Potevi, certo, caricartelo in groppa e strapparlo, cos?, dalle mani insanguinate del suo spietato assassino; e, invece, no. Te ne sei fuggito da solo lasciandolo steso a terra, lui che era il tuo compagno di lavoro, il tuo maestro, il tuo amico, la tua guida. ?Ma non lo sai che quelli che rifiutano di porgere aiuto a chi ? in pericolo vengono puniti, perch? cos? facendo agiscono contro i princ?pi della morale? ?Ma tu non ti rallegrerai a lungo della mia sventura, assassino: ti far? sentire io come questo mio strazio m'abbia ridato le forze!?
 

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